La DGR  n.10 – 6020 ha introdotto alcune modifiche al sistema di certificazione per il trasporto degli animali morti che forse meritano qualche riflessione.

Si tratta, almeno nelle intenzioni, di un sistema che dovrebbe consentire una  migliore tracciabilità delle carcasse o, perlomeno, ciò è quanto si legge nell’oggetto della DGR.

Tuttavia, l’adozione di questo sistema di autocertificazione, a mio avviso, pone diverse questioni di non poco conto in tema di controllo sui sistemi di biosicurezza negli allevamenti.

La mortalità negli allevamenti non è, com’è noto,  solo un semplice incidente di percorso nelle normali attività zootecniche, ma rappresenta un importantissimo fattore di misurazione, oltre che epidemiologico, delle capacità di conduzione igienico sanitaria degli operatori del settore.

Un aumento significativo della mortalità deve far presupporre l’esistenza di un problema sanitario che i Servizi Veterinari devono poter conoscere in tempo reale, visto e considerato che, normalmente, specialmente negli allevamenti intensivi, ciò si accompagna spesso e volentieri ad un evidente incremento nell’uso di farmaci e in modo particolare di antibiotici con tutte le considerazioni di sanità pubblica del caso.

Ridurre il tutto ad un mero procedimento burocratico dal quale i servizi veterinari territoriali sono pressoché esclusi è, a mio avviso, un grave errore.

Aldilà dei presunti risparmi economici, sempre benvenuti, così com’è formulato ed applicato, il provvedimento riduce la possibilità di monitorare in tempo reale la situazione igienico sanitaria, in special modo dei grandi allevamenti da produzione, che, tra l’altro, sono stati  i più solleciti ad applicare la nuova procedura.

Oltre alle registrazioni doverose sul sistema Arvet sarebbe oltromodo auspicabile che venga introdotto, per gli allevatori, l’obbligo di comunicare ai servizi veterinari competenti entro 7 giorni dalla morte dell’animale l’avvenuto inoltro delle carcasse con indicazione della presunta causa mortis.

Maurizio Bologna