Fino a pochi giorni fa venivano respinte le richieste dei medici che segnalavano pazienti potenzialmente infetti ma non erano in grado di stabilire l'origine del contagio. E cosi' il virus e' circolato liberamente per settimane. Il pasticcio delle risposte alle mail
Non bastano i sintomi, pur evidenti, per fare il tampone. Il medico di famiglia che fa la segnalazione al Sisp di un caso tra i suoi pazienti, per non vedersela rifiutare deve indicare anche la persona da cui sarebbe derivato il contagio. Questo criterio è stato applicato fino a non molti giorni fa. Ed è messo nero su bianco nella comunicazione inviata dal Simi, il sistema informativo delle malattie infettive dell’Asl Città di Torino, come risposta automatica alle richieste dei medici e con la quale si è di fatto confermata la clamorosa falla delle mail “sparite” che hanno comportato un numero enorme e non ancora quantificato con certezza di mancate prese in carico di casi sospetti e altrettanti tamponi non eseguiti.
“Ci siamo accorti, per segnalazioni di pazienti giunte con altri mezzi o per mail inviate più volte dallo stesso utente, che la casella dedicata alle segnalazioni, stante l’imponente afflusso, si riempiva frequentemente e non era quindi in grado di registrare le comunicazioni. Successivamente abbiamo predisposto più caselle e-mail per le diverse esigenze incrementandone la capienza e, in questo modo, ritengo che il problema sia stato risolto”, dirà martedì 14 aprile allo Spiffero, Roberto Testi, responsabile del settore di medicina legale nell’Asl torinese, da cui dipende proprio il Sisp, nonché presidente del Comitato tecnico-scientifico insediato in Regione per l’emergenza e a supporto dell’Unità di Crisi.
“Visto il costante sovraccarico di questa casella di posta, e il conseguente blocco delle e-mail in ingresso e in uscita che paralizza la comunicazione con il Sisp sono stati istituiti dei canali dedicati a seconda della tipologia di segnalazione inerente l’emergenza coronavirus”, si legge nella mail arrivata ancora almeno fino a una settimana prima, il 7 aprile, rispetto alle spiegazioni fornite da Testi. Ma in quella comunicazione c’è dell’altro. C’è qualcosa che ha suscitato non solo perplessità, ma anche dure reazioni da parte di molti medici. Proprio ai medici di medicina generale e a quelli di continuità assistenziale è rivolta l’indicazione che poi, con la nuova piattaforma informatica, sarà cambiata.
“Se sei un medico che vuole segnalare un caso o un contatto di caso Covid+ tra i suoi assistiti, questa casella di posta (simi@aslcittaditorino.it) è la casella corretta ma si evidenzia – è scritto ancora nella mail –che potremo prendere in carico la tua segnalazione solo nel caso in cui siano disponibili i dati anagrafici del caso Covid positivo, diversamente, non potendo identificare e accertare la positività del caso indice, non siamo in grado di effettuare una valutazione del rischio per il tuo assistito”.
Tradotto da uno dei tantissimi medici che hanno ricevuto la comunicazione: “Se ho un paziente che ha la febbre da tre o quattro giorni, la tosse e magari anche la congiuntivite, e magari ha una vita che lo porta a frequentare un numero non limitato di persone, come faccio a dire quale o quali siano le persone accertate positive con cui è venuto a contatto?”.
Una disposizione, quella data dal Sisp, assunta in autonomia oppure derivante da una prescrizione arrivata dai vertici nazionali? Anche in questa seconda ipotesi, perché in Piemonte non si sono assunte misure diverse come, per esempio, è stato fatto in tema di tamponi in altre regioni, a partire dal Veneto? E perché, come osservano medici di famiglia, quella regola poi è stata cambiata? Non solo le moltissime mail sparite – o forse, più semplicemente, non scaricate perché ci sono voluti giorni e giorni perché qualcuno segnalasse l’inconveniente e si scoprisse che la casella era piena senza che nessuno, a quanto pare se ne fosse accorto – ma anche ostacoli all’esecuzione di tamponi, alla presa in carico di pazienti. Per settimane in Piemonte si sono fatti meno test che altrove. A concorrere a questo non invidiabile primato quanto hanno pesato le mail sparite e quelle rigide regole, poi cambiate?
Tamponi, ma anche quarantene, o più correttamente isolamento domiciliare. A Torino come nel resto del Piemonte continuano ad emergere situazioni paradossali che è difficile non definire errori o indice di una carta confusione e approssimazione in un sistema che dovrebbe, invece, essere gestito con rigore.
Conviventi di persone accertate positive al virus che non sono stati sottoposti a tampone, isolamenti disposti e non revocati dopo molte settimane, senza che anche in questi casi siano stati eseguiti tamponi di controllo per accertare la negativizzazione. Ci sono anche i dimenticati. Come una donna di Alessandria la cui odissea incomincia l’11 marzo con i primi sintomi e prosegue tra telefonate a vuoto, contatti con il Sisp che a un certo punto si interrompono, la scoperta a fine marzo che nonostante il tampone fatto il suo nome non compaia in nessun elenco e va avanti ancora, fino ad oggi quando nessuno le ha ancora detto se la sua quarantena sia finita.